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Ipotermia, Assideramento e Congelamento: cosa sono

Quello che vi vogliamo proporre in questo articolo é una breve descrizione di due espressioni: “ipotermia” e “congelamento” parole che sentiamo spesso pronunciare ma, forse, non sempre ne comprendiamo le caratteristiche fino in fondo.
Il testo di questo articolo è stato scritto da un’anestesista specializzato in medicina di montagna per farci quindi capire, in modo chiaro e semplice, i principali aspetti che riguardano l’argomento. Attenzione, i toni sono un po’ forti!


Il significato di ipotermia e di congelamento: di cosa parliamo?

Supponiamo che per qualche motivo (e non dovrebbe mai capitare) ci ritroviamo vestiti in modo non adeguato alla temperatura esterna. C’è una regola indispensabile da seguire: prima di programmare una qualsiasi attività che si svolga in un ambiente climaticamente ostile, è indispensabile prevedere la possibilità che le cose non vadano come dovrebbero.

Una semplice gita in montagna in una bella giornata, può trasformarsi rapidamente in una brutta avventura. Basta che il tempo peggiori e che al sole si sostituisca magari una forte nevicata, che ci si perda o che per qualche motivo ci si trovi a dover passare la notte all’aperto.  Allora l’abbigliamento a nostra disposizione, le scarpe indossate, l’attrezzatura in generale, possono diventare del tutto insufficienti e se non abbiamo nient’altro da metterci, tutta la faccenda può diventare in fretta, anche molto molto seria.
Quando il nostro corpo viene sottoposto a temperature eccessive, sia troppo calde che troppo fredde, per nostra fortuna si mettono in moto automaticamente dei meccanismi fisiologici che, entro certi limiti, cercano di compensare il disagio, in un primo momento, ed in seguito attenuare i possibili danni fisici che si possono verificare. Meccanismi che però, una volta esauriti, ci lasciano poi praticamente indifesi.
Per ora, cerchiamo intanto di capire a grandi linee cosa succede in pratica quando ci troviamo in un ambiente a bassa o a bassissima temperatura. Nel caso di esposizione ad un freddo eccessivo, sono due le principali categorie di pericolo per il nostro organismo: l’ipotermia (detta anche Assideramento) ed il congelamento.
Anche se nel linguaggio comune, possono sembrare più o meno la stessa cosa, in realtà, sono molto diverse tra loro, pur se entrambe vengono causate dall’azione del freddo.

Differenze tra ipotermia e congelamento

L’ipotermia è l’abbassamento graduale della temperatura di tutto il corpo, il congelamento è invece, il danno, di una o più parti del corpo esposte ad una temperatura inferiore agli zero gradi.

Un esempio molto semplice si può fare con il caldo: L’ipotermia è come un colpo di sole o di calore: caldo, sudorazione, malessere sempre maggiore e poi il collasso. Il congelamento è invece come infilare una mano nell’acqua bollente … semplicissimo.
Sempre troppo caldo è, ma i risultati sono completamente diversi.

Guardiamo ora un po’ più nei dettagli le principali caratteristiche di questi due fenomeni:

1) L’ipotermia (o assideramento)

Allora proviamo adesso ad immaginare una persona in un posto freddo. Badate bene che non occorre che sia sotto zero; una temperatura anche di 5 o addirittura di 10 gradi sopra lo zero sono sufficienti: per esempio bloccati in una cella frigorifera o per ore fermi sotto un acquazzone. Il rischio di assideramento in queste condizioni è sicuramente già possibile, anche se la sua gravità dipende logicamente da molti fattori diversi.

Cause che contribuiscono all’ipotermia

L’età, lo stato di salute, il vestiario indossato (asciutto, bagnato o di scarsa qualità), se ci si sta muovendo o no, se ci sia da mangiare, se si sia bevuto alcolici e così via. Pensate per esempio ai senza tetto che vengono trovati morti di freddo alla mattina, dentro un cartone in molte città del mondo, o ai soldati immobili nelle trincee per settimane, in mezzo al fango, bagnati e spesso mal nutriti, o ai sepolti dalle valanghe od alle persone che cadono in acqua e che in breve tempo muoiono “di freddo”. Tutte queste, sono solo alcune delle situazioni in cui si può rischiare l’ipotermia, che se non corretta adeguatamente, può arrivare fino ai gradi estremi.
Da non sottovalutare l’azione del vento, che letteralmente ci toglie di dosso il calore che produciamo. Con una velocità di solo venti chilometri all’ora, si abbassa la temperatura percepita di ben 10 gradi. A 40 km/h niente più di un’arietta un po’ fastidiosa, da zero gradi precipitiamo a venti sottozero. Anche se il termometro segna lo zero, per noi invece e per la nostra pelle l’effetto reale è quello di meno venti.

Appena il nostro termostato interno si accorge che ci stiamo raffreddando, lancia l’allarme.

Sintomi  e conseguenze dell’ipotermia

E quindi il nostro corpo che fa? Ovviamente si difende come può. Quasi senza che ce ne accorgiamo, incominciamo a muoverci di più, a stringerci nelle braccia ed a sbatterle sul corpo, a saltellare ed a cercare un posto riparato. Cerchiamo così agitandoci, di fabbricare calore.
Ma se non basta ed il freddo continua, ci resta un altro tentativo che questa volta però non dipende dalla nostra volontà. Cominciamo a tremare ed a battere i denti e poi arrivano i brividi, dapprima piano e poi sempre più intensi. Tutti i muscoli si contraggono incessantemente e violentemente nel tentativo di produrre ancora più calore, per contrastare quello che stiamo perdendo.

Ma tutto questo consuma moltissima energia, e quando l’abbiamo terminata, il brivido lentamente scompare e ci rannicchiamo in posizione fetale da qualche parte… Abbiamo esaurito la nostra ultima possibilità di scaldarci da soli.

Da questo momento in poi, siamo quasi come un oggetto inanimato che si raffredda lentamente. 36° – 35° – 34° … il cervello si raffredda, diventiamo sonnolenti, poi ci addormentiamo. Il corpo come tentativo estremo, decide di sacrificare braccia e gambe e lascia le estremità al loro destino, e quel po’ di sangue caldo rimasto lo concentra intorno al cuore ed alla testa che considera organi vitali.  33°- 32°…. il cuore rallenta, il respiro rallenta, i muscoli diventano rigidi e freddi, la pelle bianca come cera…  27° – 26°….. tutto continua a spegnersi piano piano… fino alla fine.

2) Il congelamento

Il congelamento, come già accennato, a differenza dell’ipotermia interessa invece solo una parte (di solito le estremità) e non l’intero corpo: mani, piedi, naso e orecchie, le zone cioè maggiormente esposte e più in periferia.

All’inizio sono solo semplici disturbi ma in seguito danni anche gravi possono colpire le parti sotto l’azione del gelo.
Anche per i congelamenti l’effetto, più o meno grave, dipende da molti fattori diversi. La temperatura esterna, la velocità del vento, la durata dell’esposizione, l’immobilità etc..
Un fattore però è sempre necessario, e cioè che il termometro sia sotto lo zero, altrimenti non si può parlare di vero congelamento. All’ inizio la pelle e i tessuti sottostanti sottoposti all’azione dannosa del freddo cercano di reagire facendo circolare più sangue al loro interno, provando così a scaldare la parte esposta. Ed ecco così come si spiega quel vistoso arrossamento della punta del naso, delle guance o delle orecchie.
Ma più avanti questa capacità diminuisce e poi cessa, i vasi sanguigni si restringono, e le estremità diventano pallide, fredde e poi bluastre, perché il sangue circola male e poi ristagna, e diventa povero di ossigeno. La parte può diventare presto insensibile, si avvertono dei formicolii o addirittura dolore, segno che i nervi iniziano a soffrire a causa del freddo. Se non si interviene presto, i danni possono cominciare a diventare permanenti.

Gradi  e conseguenze del congelamento

I congelamenti si possono dividere in base alla loro gravità, nello stesso modo delle ustioni e delle scottature.

Avremo così il primo grado, il meno grave, che è quello abbiamo appena descritto. Pelle arrossata, poi pallida e un po’ insensibile. Completamente reversibile riscaldando la parte. Magari che un po’ di dolore e parecchi formicolii durante il recupero, ma poi tutto torna com’era.

C’è quindi il secondo grado superficiale: vesciche chiare piene di liquido e un ritorno alla normalità in pochi giorni. Nel secondo grado profondo, il freddo è sceso più in profondità ed i danni sono maggiori. Le vesciche sono spesso scure, piene di siero e sangue, la pelle grigiastra, le parti gonfie anche dopo il riscaldamento. La guarigione è più lenta ed a volte non completa, con formazione di cicatrici sulla pelle ed anche nelle articolazioni, che possono perciò restare rigide.

Nel terzo grado il freddo ha fatto danni molto gravi, ed agito in profondità coinvolgendo, oltre alla pelle, nervi, vasi sanguini, tendini, muscoli e ossa. I cristalli di ghiaccio che si sono formati nei tessuti, hanno danneggiato in maniera irreversibile le cellule, rompendole e provocandone così la morte. La zona colpita si presenta, dura, fredda, pallida e priva di sensibilità. Se coinvolte, le articolazioni sono immobili e rigide La medesima parte diventa di colore rosso vivo o violaceo e poi nero e si gonfia quando viene riscaldata. Il dolore può anche molto intenso, ma se i danni sono stati molto gravi, ci può anche essere una completa insensibilità. Col passare dei giorni la parte danneggiata, ormai in modo irrecuperabile, tende generalmente a seccare e poi a dividersi spontaneamente ed in modo netto dal tessuto sano (gli alpini durante la campagna di Russia, togliendosi le calze, ci trovavano dentro le dita che si erano staccate senza che se ne accorgessero).

Non sto qui ad entrare nei dettagli del trattamento dell’assideramento e del congelamento, perché è un argomento molto specialistico, complesso e varia grandemente da caso a caso. Ma come sempre, la prevenzione resta la cura migliore. E se per caso non siamo stati particolarmente prudenti e le cose cominciano ad andare storte, ricordiamoci sempre che il nostro corpo, quando è il momento giusto, ci manda dei segnali ben precisi in caso di pericolo. Questi preziosi avvertimenti, vanno sempre ascoltati con la massima attenzione, perché sono quelli che ci possono salvare le dita… o la vita.

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