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Montagna: effetti dell’alta quota e cambiamenti del corpo

Molti di voi, almeno una volta nella vita, avranno avuto l’esperienza di salire sulla cima di una montagna abbastanza elevata o di visitare qualche Stato dove l’altezza media è molto più alta che da noi. E sicuramente, se siete stati sopra i 3.000 – 4.000 metri, qualcosa vi sarà sembrato un po’ strano e un po’ diverso dal solito.
Eppure, guardandovi intorno, a parte il bellissimo panorama, tutto sembrerebbe come sempre… l’aria è uguale, normale, probabilmente più fresca e pulita… eppure… eppure…


Cosa cambia con l’altitudine

Allora vediamo insieme, brevemente, cosa succede fuori e dentro di noi, quando dal livello del mare, ci spostiamo sempre più verso l’alto.
L’aria che ci circonda, lo sappiamo bene, ci è indispensabile, perché senza l’ossigeno che contiene (circa il 21%) possiamo sopravvivere solamente pochi minuti… sapete qual’è la sensazione? E’ come mettere la testa dentro un secchio pieno d’acqua!

Sapete cosa cambia salendo di quota❓ E’ presto detto: l’ossigeno, in realtà, resta ancora il 21%, ma la pressione dell’aria (cioè lo strato che abbiamo sopra la nostra testa) diminuisce sempre più di spessore e l’aria diventa man mano più rarefatta finché ad altezze molto molto elevate l’atmosfera continua nello spazio vuoto.


Effetti sul corpo da zero a 2.500 metri

Da zero a 2.000 – 2.500 metri non succede in realtà un granché: l’aria è fina, c’è meno polvere, meno pollini, si sta bene e forse, si respira anche meglio.

Effetti sul corpo da 2.500 a 4.810 metri: il mal di montagna

Ma sui 3.000 – 3.500 metri le cose cominciano un po’ a cambiare. A parte il fatto che farà sicuramente più freddo, incominciamo anche già ad accorgerci che salire ci costa leggermente più fatica, che i respiri diventano frequenti e profondi e che il cuore tende ad accelerare con maggior facilità…e ciò non perché state pensando alla vostra amata od al vostro amato …questa è la famosa tachicardia….?
Il nostro corpo comincia, in pratica, ad accorgersi che l’ossigeno inizia a scarseggiare e cerca così di adattarsi al cambiamento. Se c’è meno ossigeno respiriamo automaticamente di più per assorbirne una quantità maggiore ed il cuore pompa più in fretta per portarne abbastanza ai muscoli ed al cervello.

Ancora su, a 4.000 – 4.500 metri e avanti piano piano arriviamo fino all’altezza del Monte Bianco, a 4.810 metri sul livello del mare. Che fatica!! Ci guardiamo intorno: finalmente in vetta siamo le persone più alte in Europa. Il paesaggio è spettacolare, abbagliante e siamo circondati da grandi ghiacciai e da altissime cime innevate…. Ma … Noi … come ci sentiamo
Arrivati ormai a quasi 5.000 metri siamo già piuttosto alti ed il nostro stato fisico dipende da molte cose. Dall’età (spesso i giovani stanno peggio degli adulti e le femmine reggono più degli uomini), dall’allenamento, dalla velocità di salita ed in particolare dalla capacità personale di ciascuno, che è molto variabile, di adattarsi allo stress dell’alta quota.
E quindi qualcuno si mangerà un bel panino di gusto? proprio sulla cima e qualcun’ altro avrà invece un feroce mal di testa o vomiterà sulla neve ?, desiderando solo di ridiscendere prima possibile. Questo è il mal di montagna acuto: il corpo, per alcuni, non ha fatto in tempo ad abituarsi al cambio di altitudine e ce lo fa sapere.

Dormire una notte in alta quota ⛺️

Dove dormire in alta quota

In Europa, in particolare nelle Alpi occidentali, ci sono rifugi e bivacchi nei quali, per scelta o per necessità, si può od a volte si deve, passare la notte.
La faccenda allora cambia, perché, un conto è arrivare in alto e poi scendere dopo un po’ di tempo, ed un conto è fermarsi delle ore per dormire. Per esempio si può arrivare anche bruscamente in funivia al Rifugio Torino a 3.375 metri, od alla Punta Helbronner a 3.842 metri sul Monte Bianco, od ancora in Marmolada sui 3.000 metri e qui farsi una passeggiatina e sentire come manca il fiato, il cuore accelera e la testa sembra un po’ vuota. Poi si torna giù e tutto passa.

Effetti e rischi del dormire in alta quota

Ma…. dormire in alto, senza essere acclimatati può essere pericoloso ed è tutta un’altra storia! Dopo un intervallo di relativo benessere, 4-6 ore in genere, il lieve fastidio iniziale si può trasformare in una patologia. Il cervello tende a gonfiarsi (le cause sono complesse) ma dentro il cranio non c’è posto libero, per cui viene spinto contro le pareti e comincia a funzionare male. La conseguenza è nausea, vomito, mal di testa anche violento, stordimento e nei casi più gravi si può arrivare al coma ed alla morte.
Anche i polmoni si possono riempire di liquido. La tossettina si trasforma in tosse violenta, il respiro diventa affannoso e se non si pone rimedio, anche in questo caso le conseguenze possono essere molto serie. ☠️

Generalmente, in rifugi relativamente poco alti (sui 3.000-3.500 metri), non c’è pericolo per le persone in buona salute, a parte qualche disturbetto. Poi eventualmente in caso di necessità, in qualche maniera si scende.
Ma ci sono rifugi e bivacchi anche molto alti, basti pensare alla Capanna regina Margherita sul Monte Rosa a 4.554 metri (il rifugio più alto d’Europa) od alla Capanna Vallot a 4.362 metri sul Monte Bianco od al frequentatissimo Refuge de Gouter a 3.819.
Ecco,  da qui non è tanto facile tornare giù sul ghiacciaio, magari di notte o col maltempo ed in cattive condizioni fisiche.

Chi vi scrive ha passato due giorni alla Capanna Vallot, una spartana baracca di lamiera, sorpreso da un’improvvisa bufera. Non è successo niente per fortuna, ma lì, per motivi analoghi, in passato, erano già morte alcune persone per il mal di montagna. Quindi occhio?, se decidete di passare alcune notti sopra i 4.000 metri, cercate di essere ben acclimatati. Le cure per queste patologie ci sono, ma bisogna saperle gestire, per cui la prevenzione e la prudenza restano ancora le regole migliori da seguire.

Notte in un campo avanzato a 6.00 metri - Mera Peak -

Effetti sul corpo da 4.810 a 7.000 metri

Se adesso desideriamo salire ancora più in alto, dovremo a questo punto, spostarci per forza in uno di quei Paesi dove quote di 4.000 – 5.000 metri sono spesso solo la base di partenza per salire in montagna.
E dove possiamo trovare vette così alte? Facile:

  • in Africa possiamo arrivare verso i 6.000 sul Kilimanjaro;
  • in Alaska sul monte Denali;
  • in Sudamerica potete sfiorare i 7.000 metri in vetta all’Aconcagua.

Ma non dimenticate che a queste altezze le cose cambiano e di parecchio. Per muoversi in sicurezza a queste altitudini, dobbiamo seguire delle regole nuove, che a queste altezze elevate diventano fondamentali.
Prima di tutto non si deve avere fretta, ma lasciare che il nostro corpo abbia il tutto il tempo necessario per adattarsi il più possibile alla progressiva diminuzione della pressione dell’aria, e quindi dell’ossigeno a sua disposizione. Distanze, dimensioni e tempi di salita, da queste parti si dilatano in modo incredibile. Basti pensare che se per andare sul monte Bianco e tornare giù bastano due giorni, per una salita ad un ottomila ne servono di media trenta o quaranta o più.
Volete un piccolo esempio sulla scala di grandezze❓Dentro il K2, di 8.611 metri, la seconda montagna per altezza al mondo, il bellissimo e gigantesco Cervino, ci sta la bellezza di 49 volte ‼️

Quando siamo a 5.550 metri sul livello del mare, di ossigeno ne è rimasto circa la metà e, semplificando la cosa, in pratica ci ritroviamo a respirare con un polmone solo, dei due a cui siamo abituati. Forse ci accorgiamo che le unghie e le labbra sono un po’ bluastre.  Niente di serio, siamo solo un po’ cianotici.
Se ce la prendiamo comoda, non saliamo più di 400 metri al giorno, beviamo molto e magari ci riposiamo un giorno in più, possiamo arrivare a 6.000 – 6.500 metri e se siamo determinati, forse anche un po’ più in alto senza troppi problemi.
Probabilmente anche un po’ di nausea, mancanza di appetito, mal di testa ed insonnia ci faranno buona compagnia, ma nel tempo tenderanno a diminuire. Se invece malauguratamente, dovessero peggiorare, e a queste quote può capitare anche bruscamente, è assolutamente indispensabile ed obbligatorio scendere prima possibile verso il basso, per evitare complicazioni anche drammatiche.
Spesso bastano anche poche centinaia di metri di discesa per stare subito meglio. ?
Ovviamente tutto ciò, se siamo persone in discreta forma, e senza tenere conto di eventuali difficoltà tecniche, alpinistiche o climatiche.

Dita ed unghie bluastre - cianosi

Effetti sul corpo da 7.000 a 8.848 METRI: Tetto del Mondo e Zona della Morte

Adesso, per salire ancora dobbiamo per forza andare in Nepal, in Pakistan o in Tibet, nel Regno delle montagne più alte della terra, il “Tetto del mondo”: dove si trovano i leggendari quattordici 8.000. ?
Arrivati a così a 7.000 – 7.500 metri di altitudine le cose cambiano ancora una volta. Siamo in altissima montagna ed entriamo in quella che viene chiamata dagli alpinisti: “la zona della morte”.☠️

Qui troviamo i limiti massimi dell’adattamento possibile. Quassù, anche stesi dentro una tenda, in assoluto riposo, al caldo, con cibo e liquidi a disposizione, il nostro corpo tende comunque a deteriorarsi sempre più col passare del tempo. La scarsità di ossigeno, che sulla cima dell’Everest a 8.848 metri è solo un terzo del normale, provoca un malfunzionamento ed un danno progressivo degli organi. In particolare il cervello tende a gonfiarsi ed a trattenere liquidi, il cuore viene eccessivamente stimolato ed i polmoni svolgono la loro funzione con crescente difficoltà. Perfino la circolazione nei piccoli vasi sanguigni rallenta, perché il sangue diventa denso e scorre con fatica, aggravando così il rischio di congelamenti.

Andare sopra gli 8.000 metri è una sfida con i limiti della propria resistenza. Muoversi salendo solo 50 metri ogni ora, dove i respiri sono dieci volte il numero dei passi e dove non sono concessi errori, resta una cosa per grandi alpinisti. Molti ci provano, grazie alle ormai numerose spedizioni commerciali. Ma se lo si fa “da veri alpinisti” senza il trucco delle bombole di ossigeno, (che in pratica abbassano semplicemente l’altezza della montagna) o senza l’aiuto di chi ti porta e ti prepara la tenda ed i pasti caldi, è ancor oggi una impresa riservata a pochi. Una sfida con sé stessi, in un ambiente ostile e gelido, del tutto inadatto all’uomo. Una lotta con la propria mente e con il proprio corpo disperatamente affamati di ossigeno.
E che forse, anzi sicuramente, vorrebbero essere invece sotto un ombrellone, magari in Polinesia, a sorseggiare una bibita davanti al mare blu’, respirando l’aria salmastra splendidamente stracarica di fantastico ossigeno. ?

Però….lì dall’alto delle montagne…che vista!!!! ?

Articolo scritto dal dott. Lorenzo F. – Medico Anestesista perfezionato in Medicina di Montagna – 

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